Gabinetto numismatico
Contrariamente a quanto avvenne nelle città greche di Magna Grecia e Sicilia, le popolazioni dell’Italia centrale, compresi i Romani, iniziarono a produrre moneta con almeno due secoli di ritardo privilegiando le serie in bronzo, fuse non coniate, con nominali diversi tagliati sulla base della divisione duodecimale (una libbra = 12 once) o decimale (una libbra = 10 once). La scelta del bronzo e della tecnica della fusione rientra certamente nelle abitudini di queste popolazioni nel commercio del rame e della sua lega con lo stagno, il bronzo.
Monete con queste caratteristiche sono prodotte dalle città etrusche (Volterra, Arezzo, Cortona, Chiusi e Tarquinia), dalle città umbre (Todi e Gubbio) e dalle città e popolazioni della costa adriatica, oltre che dalla stessa Roma.
Nella prima metà del III sec. a.C., Roma inizia la produzione di nominali coniati di minori dimensioni e di minor peso rispetto a quelli fusi ma di maggiore valore intrinseco perché realizzati in argento, con qualche rara serie in oro, più simili alle coeve emissioni delle monete greche di Magna Grecia.
Ciononostante non possiamo affermare che in questo periodo l’economia cittadina fosse interamente gestita in termini monetari ovvero la moneta non aveva ancora conquistato quel posto privilegiato di intermediario del commercio.
I contatti con le due più importanti città della Magna Grecia e della Sicilia (Napoli, Taranto e Siracusa) e l’espansione del dominio romano verso la Grecia vera e propria e l’Oriente mediterraneo faranno aumentare sensibilmente la produzione di moneta e favoriranno sempre di più la sua diffusione capillare a tutti i livelli sociali della popolazione. La moneta assume in tal modo il ruolo di diffusore di messaggi delle famiglie al potere a nome e per conto dello Stato attraverso la scelta oculata dei tipi monetali.
I magistrati monetali, rappresentanti delle famiglie patrizie, ricorderanno gli episodi che hanno visto protagonisti i rispettivi eroici antenati, illustreranno miti e leggende care ai componenti delle famiglie vantando discendenze importanti, e spesso decisamente forzate, da re o divinità ma sempre allo scopo finale di sottolineare la grandezza di Roma.
Un uso più personale della moneta inizia con Cesare che, per la prima volta, osò trasgredire una legge non scritta ma sempre rispettata inserendo il proprio ritratto ancora in vita, alla maniera dei contemporanei monarchi ellenistici, al posto destinato alle teste delle divinità.
In età imperiale la moneta è soprattutto espressione della volontà dell’imperatore e della dinastia al potere. La presenza praticamente assoluta del ritratto dell’imperatore è il primo e più significativo messaggio ospitato nello spazio ristretto del tondello monetale ed inviato con tale supporto a tutti i sudditi dell’Impero.
Proprio la moneta, a differenza di altre categorie di oggetti, dalla statuaria ai bassorilievi e ai dipinti, ha la capacità di giungere a tutti i livelli sociali portando i messaggi voluti.
La costruzione o il restauro di un edificio pubblico, l’istituzione di una cerimonia, l’introduzione di un nuovo culto, l’annuncio di una vittoria sui nemici dell’Impero, fino all’annuncio dell’abolizione di una tassa, tutto questo è fatto conoscere ai romani e agli abitanti dell’Impero attraverso le immagini monetali.
Quando nel tardo impero, le minacce delle invasioni barbariche si faranno più concrete, cominceranno ad essere sempre più frequenti i tipi rassicuranti che avvertono i sudditi della costante vigilanza dell’imperatore contro i nemici esterni ed interni: l’imperatore che assale un cavaliere nemico già fatto cadere a terra, l’imperatore che trascina un prigioniero nemico e tiene lo stendardo della vittoria, le personificazioni delle Vittorie con l’immancabile corona d’alloro e il ramo di palma dei vincitori.
La zecca di Perugia
L’istituzione ha inizialmente operato in modo autonomo nel periodo comunale e della Repubblica (1206-1506), ma pur sempre assoggettata al controllo pontificio. Sotto il pontificato di Giulio II (1503- 1513) iniziano a comparire sulle monete richiami espliciti al Papa ed al Cardinale Legato in carica.
Su alcune monete emesse durante il pontificato di Paolo III (1534-1549) è presente lo stemma del Cardinale Legato Marino Grimani e la sigla SPQP, sciolta in Senatus PopolusQue Perusinus.
Nel 1540, in occasione della cosiddetta “guerra del sale”, un aumento della tassa relativa offrì lo spunto alla popolazione di Perugia per mettere in atto un tentativo di ribellione dal Papato. La rivolta ebbe breve durata e dopo poco meno di 2 mesi venne sedata e la città perse di fatto la propria autonomia.
Nel 1795 fu ordinata la riapertura della zecca di Perugia per la produzione dei multipli e frazioni del baiocco e delle muraiole.
Le irregolari emissioni della zecca di Perugia dopo l’occupazione della città da parte delle truppe francesi e l’istituzione della Repubblica Romana, portarono alla sua temporanea chiusura nel luglio del 1798. La riapertura ufficiale avvenne verso la fine del 1798 e la chiusura definitiva nel novembre del 1799, a seguito della occupazione della città da parte delle truppe austriache.
Ultimo aggiornamento
24 Novembre 2020, 15:07